Lo stress, termine inglese che significa “spinta” o “sforzo”, è una reazione a un cambiamento fisico o psichico che turba il normale equilibrio della persona. Ogni agente stressante, noto anche come stressor, provoca quella che il medico austriaco Hans Selye ha definito Sindrome generale di Adattamento.

Vi sono due forme di stress:
- l’Eustress (stress positivo), che mobilita nel nostro organismo le risposte necessarie per affrontare responsabilità e impegni alla nostra portata e il cui superamento è fonte di gratificazione. L’eustress è la condizione che si ha quando le nostre risorse sono adeguate a tali sfide;
- il Distress (stress negativo), che si scatena a seguito di conflitti emotivi, aspettative eccessive oppure pressioni troppo elevate rispetto alle nostre capacità, ma anche per ostacoli riscontrati nella vita quotidiana, come problemi di salute o eventi particolarmente traumatici quali incidenti, lutti, gravi imprevisti. Al manifestarsi di situazioni di distress non riusciamo ad assumere in un breve tempo la giusta distanza emotiva e dunque ci sentiamo vulnerabili e impossibilitati a reagire.

COME GESTIRE LO STRESS?
Gestire lo stress significa  modificare in modo radicale le risposte comportamentali, cognitive e sensoriali alle situazioni che lo provocano.
Prima occorre ripristinare gli equilibri perduti e questo passaggio non è né scontato né istantaneo perché richiede tempo, allenamento e un’adeguata preparazione. Per uscire dalla spirale  occorre utilizzare tecniche specifiche che si basano sull’interazione psicobiologica di mente e corpo: il loro scopo è ridurre la tensione muscolare e riequilibrare una serie di parametri fisiologici come battito cardiaco, frequenza respiratoria, temperatura periferica e tono muscolare. Mirano inoltre al ripristino del livello di energia ottimale IZOF ispirandosi a loro volta a un ampio ventaglio di tecniche come: bioenergetica, training di respirazione e consapevolizzazione degli atti respiratori per il rilassamento e l’attivazione; musicoterapia, rilassamento frazionato/ipnotico e guidato/progressivo; visualizzazione (imagery); biofeedback training.

LO STRESS agisce sull'Autostima, riducendola.
Gli studiosi Cooley e Mead definiscono l’autostima come il risultato dalle interazioni che si creano durante il corso della vita come una valutazione riflessa di ciò che le altre persone pensano di noi.
Infatti l’autostima di una persona non scaturisce esclusivamente da fattori interiori individuali, ma hanno una certa influenza anche i cosiddetti confronti che l’individuo fa, consapevolmente o no, con l’ambiente in cui vive.
A costituire il processo di formazione dell’autostima vi sono due componenti: il sé reale e il sé ideale.
Il sé reale
non è altro che una visione oggettiva delle proprie abilità; detto in termini più semplici corrisponde a ciò che noi realmente siamo.
Il sé ideale corrisponde a come l’individuo vorrebbe essere. 

Maggiore sarà la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere, minore sarà la stima di noi stessi.
L’autostima è l'accettazione di sè dal nostro ambiente affettivo di riferimento, indipendentemente dai risultati. Il confronto tra  capacità e risultati determina l'autoefficacia . Generalmente l'essere umano fa corrispondere la sua autostima alle sue capacità , deprimendosi o esaltandosi senza comprendere che l'Autostima è un valore che prescinde dai risultati.
Mentre ciò che determina maggiore o minore autoefficacia è la velocità e la competenza dei mezzi per fronteggiare situazioni L'autoefficacia è data da un esercizio costante e continuo di mezzi e sperimentazioni.

Ma cosa concorre a far sì che un individuo si valuti positivamente o negativamente?
Ebbene, ci si autovaluta in merito a tre processi fondamentali:

  1. Giudizi altrui, sia in forma diretta che indiretta. Si tratta del cosiddetto ‘specchio sociale‘: mediante le opinioni comunicate da altri significativi per noi , noi ci autodefiniamo.
  2. Confronto sociale: ovvero la persona si valuta confrontandosi con chi lo circonda e da questo confronto ne scaturisce una valutazione.
  3. Giudizio e  autosservazione: la persona può valutarsi anche autosservandosi e riconoscendo le differenze tra se stesso e gli altri. Kelly (1955), il padre della Psicologia dei Costrutti Personali, ad esempio considera ogni persona uno ‘scienziato’ che osserva, interpreta (i.e: attribuisce significati alle proprie esperienze) e predice ogni comportamento od evento, costruendo na mappa di sé per facilitare o meno il mantenimento dell’autostima.


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